Sfogliando le pagine sul nostro paese mi sono
imbattuto in questa riflessione tratta dal settimanale OGGI - di Massimo
Moletti

In verità definire il
nostro paese civile, è una forzatura. Siamo istintivamente portati a dire che
viviamo in un paese civile perchè molti di noi di noi siamo portatori di
valori etici e morali da farci sentire persone civili.Forse quando siamo venuti
fuori dalla dittatura fascista, l'Assemblea Costituente ha forgiato una Carta
Costituzionale troppo evoluta e civile rispetto alla classe sociale media
italiana, ferita profondamente per la guerra vissuta e per il ventennio
fascista, ma profondamente onesta, ma non civile. Non confondiamo l'onestà con
la civiltà.
In un paese civile non è
concepibile che si possa fare del male ad una donna.
Il fenomeno ha una portata sovranazionale se il 25
novembre è la Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro
le Donne, ma il nostro paese, che per tanti altri aspetti passa in
secondo piano, in questo primeggia
Riporto i dati agghiaccianti dell'ANSA
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ANSA.it
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Cronaca
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Violenza sulle donne:
una vittima ogni due giorni
Violenza sulle donne: una vittima ogni due
giorni
"Risposta inadeguata anche
quando le vittime denunciano"
Il
2013 è stato un anno nero per i femminicidi, con 179 donne uccise, in pratica una vittima ogni due giorni.
Rispetto alle 157 del 2012, le donne ammazzate sono aumentate del 14%. A
rilevarlo è l'Eures nel secondo rapporto
sul femminicidio in Italia, che elenca le statistiche degli omicidi volontari
in cui le vittime sono donne.
Aumentano
quelli in ambito familiare,
+16,2%, passando da 105 a 122, così come pure nei contesti di prossimità, rapporti di vicinato, amicizia o lavoro, da 14 a 22. Rientrano
nel computo anche le donne uccise dalla criminalità, 28 lo scorso anno: in particolare si tratta di
omicidi a seguito di rapina, dei quali sono vittima soprattutto donne anziane. Anche nel 2013, in 7 casi su 10 (68,2%,
pari a 122 in valori assoluti) i femminicidi si sono consumati all'interno del contesto familiare o affettivo, in linea con
il dato relativo al periodo 2000-2013 (70,5%). Con questi numeri, il 2013 ha la più elevata percentuale di
donne tra le vittime di omicidio mai registrata in Italia, pari al 35,7% dei morti ammazzati (179 sui 502),
"consolidando - sottolinea il dossier - un processo di femminilizzazione nella vittimologia dell'omicidio
particolarmente accelerato negli ultimi 25 anni, considerando che le donne rappresentavano nel 1990 appena l'11,1%
delle vittime totali". Per 10 anni quasi la metà dei femminicidi è avvenuto al Nord, dal 2013 c'è invece stata
un'inversione di tendenza sotto il profilo territoriale, divenendo il Sud l'area a più alto rischio con 75 vittime ed una crescita
del 27,1% sull'anno precedente, anche a causa del decremento registrato nelle regioni del Nord
(-21% e 60 vittime). Lo indica il rapporto Eures sul femminicidio in Italia, dal quale risulta anche un
raddoppio delle vittime al Centro Italia, dalle 22 nel 2012 a 44. Il Lazio e la Campania con 20 donne
uccise presentano nel 2013 il più alto numero di femminicidi tra le regioni italiane, seguite da Lombardia
(19) e Puglia (15). Ma è l'Umbria - come riporta il dossier - a registrare l'indice più alto (12,9 femminicidi
per milione di donne residenti). Nella graduatoria provinciale ai primi posti Roma (con 11 femminicidi nel
2013), Torino (9 vittime) e Bari (8). Il femminicidio nelle regioni del Nord si configura essenzialmente
come fenomeno familiare, con 46 vittime su 60, pari al 76,7% del totale; mentre
sono il 68,2% dei casi al Centro e il 61,3% al Sud (con 46 donne uccise in
famiglia sulle 75 vittime censite nell'area). Qui al contrario è più alta
l'incidenza delle donne uccise all'interno di rapporti di lavoro o di vicinato
(14,7% a fronte del 5% al Nord) e dalla criminalità (18,7% contro l'11,4% del
Centro e l'11,7% del Nord).Ottantuno donne, il 66,4% delle vittime dei femminicidi in ambito
familiare, hanno trovato la morte per mano del coniuge, del partner o dell'ex partner; la maggior parte per mano del
marito o convivente (55, pari al 45,1%) cui seguono gli ex coniugi/ex partner (18 vittime, pari al 14,8%) ed i
partner non conviventi (8 vittime, pari al 6,6%). I dati relativi
al 2013 - come rileva la ricerca Eures sui femminicidi in Italia - sono sostanzialmente
sovrapponibili a quelli complessivamente censiti a partire dall'anno 2000. Lo scorso anno si è avuto, "anche per effetto
del perdurare della crisi", un forte aumento dei matricidi, spesso compiuti per ragioni di denaro o per una
esasperazione dei rapporti derivanti da convivenze imposte dalla necessità: sono infatti 23 le madri uccise nell'ultimo anno,
pari al 18,9% dei femminicidi familiari, a fronte del 15,2% rilevato nel 2012 e del 12,7% censito nell'intero
periodo 2000-2013 (215 matricidi). Ad uccidere sono nel
91,7% dei casi i figli maschi e nell'8,3% le figlie femmine.Il 2013 rileva una significativa crescita dell'età media delle vittime di femminicidio, passata da 50 anni nel 2012 a 53,4 (da 46,5 a 51,5 anni nei soli femminicidi familiari). Diminuiscono le vittime con meno di 35 anni (da 48 a
37), e aumentano quelle nelle fasce 45-54 anni (+72,2% passando da 18 a 31) e 55-64
anni (+73,3%, da 15 a 26) e, in quella 35-44 anni (+26,1%, passando da
23 a 29 vittime) e tra le over 64 (da 51 a 56, pari a +9,8%).
A "mani nude", per le percosse,
strangolamento o soffocamento: così nel 2013 è morta ammazzata una donna su tre. A rilevarlo è il rapporto Eures che mette in relazione tale modalità di
esecuzione ad un "più alto grado di violenza e rancore". Se le armi da fuoco si
confermano come strumento principale nei casi di femminicidio (45,1% dei casi, seguite, con il 25,1%, dalle armi da
taglio), la gerarchia degli strumenti si va modificando: le "mani nude" sono il mezzo più ricorrente,
51 vittime, pari al 28,5% dei casi; in particolare le percosse hanno riguardato il 5,6% dei casi, lo strangolamento il 10,6% e il
soffocamento per il 12,3%. Di poco inferiore la percentuale dei femminicidi con armi da fuoco (49, pari
al 27,4% del totale) e con armi da taglio (45 vittime, pari al 25,1%). Collegato alla modalità di
esecuzione è il movente. Quello 'passionale o del possesso' continua ad essere il più frequente (504 casi tra il 2000 e il 2013,
il 31,7% del totale): "Generalmente - dice il dossier - è la reazione dell'uomo alla decisione della donna di
interrompere/chiudere un legame, più o meno formalizzato, o comunque di non volerlo ricostruire". Il secondo
gruppo riguarda la sfera del "conflitto quotidiano ", della litigiosità anche banale, della gestione
della casa, ed è alla base del 20,8% dei femminicidi familiari censiti (331 in valori assoluti). A questi possono essere aggiunti
gli omicidi scaturiti da questioni di interesse o denaro, 19
nel 2013, il 16%, e si tratta prevalentemente di matricidi.
"COLPEVOLI DI DECIDERE" - Oltre 330 donne sono state
uccise, dal 2000 a oggi, per aver lasciato i l proprio compagno. Quasi la metà nei primi 90 giorni dalla separazione. Il
rapporto Eures, diffuso oggi, li definisce i 'femminicidi del possesso', e conseguono generalmente alla
decisione della vittima di uscire da una relazione di coppia; a tale dinamica sono da attribuire con
certezza almeno 213 femminicidi tra le coppie separate, e 121 casi in quelle ancora unite dove la separazione si
manifesta come intenzione. Il 45,9% avvengono nei primi tre mesi dalla rottura (il
21,6% nel primo mese e il 24,3% tra il primo e il terzo mese). Ma il "tarlo dell'abbandono", segnala il dossier, ha
una forte capacità di persistenza e di riattivazione nei casi di un nuovo partner della ex, della separazione legale, o dell'affidamento
dei figli. Tanto che il 3,2% dei femminicidi nelle coppie separate avviene dopo 5 anni dalla separazione. Il femminicidio è spesso un'escalation di violenze e/o
vessazioni di carattere fisico. I dati disponibili indicano un'elevata frequenza di maltrattamenti pregressi a danno delle
vittime, censiti nel 33,3% dei femminicidi di coppia nel 2013 (27 in valori assoluti) e nel 22,5% tra il 2000-2013 (193 in
valori assoluti). Eures sottolinea "l'inefficacia/inadeguatezza della risposta istituzionale alla
richiesta d'aiuto delle donne vittime di violenza all'interno della coppia, visto che nel 2013 ben il 51,9% delle future
vittime di omicidio (17 in valori assoluti) aveva segnalato/denunciato alle Istituzioni le violenze subite".
Appare evidente tutta l'impotenza dello Stato di fronte a questa barbaria.
Impotenza che fa comodo, impotenza voluta.
Non voglio apparire provocatore, perchè non lo sono. Sono realista.. Uno
Stato che vuole affermare la sua sovranità deve farlo anche attraverso la giusta amministrazione della
giustizia comminando le pene previste per chi si macchia di reati. Tanto più efferato il reato tanto esemplare
deve essere la pena. Quando questo non avviene , di contra avviene il dilagare di queste violenze, poste in essere
da vigliacchi che si sentono forti perchè sanno che nella stragrande maggioranza dei casi la passeranno liscia.
Non a caso la legge sullo stalkyng fa paura solo alle persone per bene.
Sono tanti gli uomini che vengono denunciati per stalkyng, fenomeno in costante aumento in tante cause
di separazione, dove avvocati eticamente carenti usano ed abusano queste norme. Anni fa moltissimi uomini
in occasione delle separazioni venivano accusati di abusi, oggi di stalkyng.Tutto questo a discapito delle reali situazioni, nelle quali le donne
realmente vittime di stalkyng, raramente denunciano.Assai più rare sono le denunce per i maltrattamenti in
famiglia, perchè la donna maltrattata da una parte essa stessa favorisce la
condotta del suo aguzzino,dall'altra ha paura.
In buona sostanza a fronte del dilagare del fenomeno nell'inerzia delel istituzioni si sono mosse molte associazioni provate [ -> segue]
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