Faccio mia una interessante pubblicazione del "Il SOLE 24ORE"
2. OSSERVATORIO SULLA MEDIAZIONE
3. Mediazione famigliare: un caso di "separazione internazionale"
4. Massimo Silvano Galli, Pedagogista e Teresa Laviola, Avvocato | 31 ottobre 2014
5.
Nei nostri precedenti articoli abbiamo osservato come il conflitto possa assumere diverse sfumature, sia in ordine alla sua escalation, che per le persone che coinvolge, sia alle conseguenze in cui involve o evolve. Talvolta, se gestito adeguatamente, può portare ad un cambio di identità esistenziale in ordine ai valori, agli affetti, allo stile di vita; altre volte può invece portare alla distruzione della vita di più persone intessute e plasmate da dinamiche familiari "perverse", dove i bisogni del minore vengono calpestati in nome di una reciproca vendetta.
Per proseguire in questa riflessione, vogliamo ora esaminare un caso in cui si evince l'evoluzione del conflitto di due compagni ormai legati esclusivamente da una figlia in tenera età, partendo dal presupposto che non è compito della mediazione cercare il bene o il male, la verità o la colpa, ma accompagnare le parti a scegliere a volte un bene maggiore, altre volte un male minore.
E così che un padre è arrivato in studio volendo sporgere denuncia nei confronti della compagna che, partita per un paese extraeuropeo, decideva di non tornare in Italia, rendendosi altresì irreperibile e lasciando la minore al padre. Poteva configurarsi l'ipotesi delittuosa dell'abbandono di minore e, se avessimo voluto farci portavoci della rabbia del padre, avremmo sporto denuncia e chiesto la decadenza della responsabilità genitoriale. Decidemmo, invece, di provare a intraprendere una mediazione, con il presupposto che, se tale opportunità non fosse andata ad effetto, avremmo adito l'autorità giudiziaria competente.
La prima parte del percorso si svolse in seduta individuale con il padre, nel tentativo di trasformare il suo desiderio di vendetta nella possibilità di collaborare con la ex-compagna, per garantire il benessere e i bisogni della bambina. Il mediatore aiuta, in effetti, le parti a erigere ponti, a scavalcare muri e a "costruire altrove", in un luogo in cui i bisogni di ognuno trovino risorse.
L'uomo rimase spiazzato e, inizialmente, diffidente rispetto alle prospettive che gli si proponevano: uno sforzo affettivo e pragmatico per mettersi, anzitutto, in contatto con la madre della bambina. Superando l'umiliazione dell'abbandono, il padre doveva uscire da sé per andare verso l'altro: la figlia e la madre. I contatti con la stessa furono effettivamente complessi ma, alla fine, approfittando di un suo rientro in Italia, fu possibile programmare un incontro congiunto.
L'idea della madre era di portare con se la bambina all'estero, la quale però ormai, vivendo con il padre, aveva intessuto tutta una serie di contatti e legami nella scuola e nelle amicizie. Inoltre, il padre aveva un lavoro stabile in Italia, con una serie di relazioni parentali in grado di aiutarlo nella cura e nella gestione della minore; mentre, la madre, sembrava vivere in una situazione di maggiore precarietà, con il sogno di realizzarsi in un contesto ancora tutto da definire.
Essere genitore è un evento naturale che si configura nel momento in cui, ovviamente si concepisce un figlio; fare il genitore è, invece, tutt'altra cosa, e non è raro che in una situazione di separazione si presentino condizioni nelle quali uno o entrambi i genitori tendano ad abdicare al loro ruolo. E' proprio in questi casi che la figura "super partes" del mediatore prende una parte precisa: quella del minore di cui cerca di farsi carico personalmente per tutelarlo. Questo è il caso di specie.
Attraverso adeguate tecniche e opportune strategie proprie della mediazione, fu possibile ripristinare una comunicazione costruttiva e qualificante che tra i due partners inficiata da problematiche e rancori che avevano finito per coinvolgere anche la bambina come strumento di contrapposizione.
Fu proprio il ruolo del mediatore, "travestito" da figlio, a convincere (con-vincere: ossia vincere insieme) le parti della necessità di un reciproco riavvicinamento, senza per questo perdere le convinzioni individuali.
Una delle peculiarità della mediazione sta proprio nella possibilità che si da alle parti di recuperare, ognuno nei propri limiti, le reciproche responsabilità genitoriali. In questo caso, attraverso uno strategico utilizzo del calendario dell'affido, si è potuto costruire una sana alternanza tra i bisogni di tutte le parti coinvolte, senza venir meno alle necessità della bambina di frequentare sia la madre che il padre.
Seppure non sia la condizione ottimale per un bambino, in questo caso, il male minore, fu quello di condividere che la bambina sarebbe rimasta con il padre durante l'anno scolastico, mentre si sarebbe ricongiunta con la madre durante le festività.
Nei nostri precedenti articoli abbiamo osservato come il conflitto possa assumere diverse sfumature, sia in ordine alla sua escalation, che per le persone che coinvolge, sia alle conseguenze in cui involve o evolve. Talvolta, se gestito adeguatamente, può portare ad un cambio di identità esistenziale in ordine ai valori, agli affetti, allo stile di vita; altre volte può invece portare alla distruzione della vita di più persone intessute e plasmate da dinamiche familiari "perverse", dove i bisogni del minore vengono calpestati in nome di una reciproca vendetta.
Per proseguire in questa riflessione, vogliamo ora esaminare un caso in cui si evince l'evoluzione del conflitto di due compagni ormai legati esclusivamente da una figlia in tenera età, partendo dal presupposto che non è compito della mediazione cercare il bene o il male, la verità o la colpa, ma accompagnare le parti a scegliere a volte un bene maggiore, altre volte un male minore.
E così che un padre è arrivato in studio volendo sporgere denuncia nei confronti della compagna che, partita per un paese extraeuropeo, decideva di non tornare in Italia, rendendosi altresì irreperibile e lasciando la minore al padre. Poteva configurarsi l'ipotesi delittuosa dell'abbandono di minore e, se avessimo voluto farci portavoci della rabbia del padre, avremmo sporto denuncia e chiesto la decadenza della responsabilità genitoriale. Decidemmo, invece, di provare a intraprendere una mediazione, con il presupposto che, se tale opportunità non fosse andata ad effetto, avremmo adito l'autorità giudiziaria competente.
La prima parte del percorso si svolse in seduta individuale con il padre, nel tentativo di trasformare il suo desiderio di vendetta nella possibilità di collaborare con la ex-compagna, per garantire il benessere e i bisogni della bambina. Il mediatore aiuta, in effetti, le parti a erigere ponti, a scavalcare muri e a "costruire altrove", in un luogo in cui i bisogni di ognuno trovino risorse.
L'uomo rimase spiazzato e, inizialmente, diffidente rispetto alle prospettive che gli si proponevano: uno sforzo affettivo e pragmatico per mettersi, anzitutto, in contatto con la madre della bambina. Superando l'umiliazione dell'abbandono, il padre doveva uscire da sé per andare verso l'altro: la figlia e la madre. I contatti con la stessa furono effettivamente complessi ma, alla fine, approfittando di un suo rientro in Italia, fu possibile programmare un incontro congiunto.
L'idea della madre era di portare con se la bambina all'estero, la quale però ormai, vivendo con il padre, aveva intessuto tutta una serie di contatti e legami nella scuola e nelle amicizie. Inoltre, il padre aveva un lavoro stabile in Italia, con una serie di relazioni parentali in grado di aiutarlo nella cura e nella gestione della minore; mentre, la madre, sembrava vivere in una situazione di maggiore precarietà, con il sogno di realizzarsi in un contesto ancora tutto da definire.
Essere genitore è un evento naturale che si configura nel momento in cui, ovviamente si concepisce un figlio; fare il genitore è, invece, tutt'altra cosa, e non è raro che in una situazione di separazione si presentino condizioni nelle quali uno o entrambi i genitori tendano ad abdicare al loro ruolo. E' proprio in questi casi che la figura "super partes" del mediatore prende una parte precisa: quella del minore di cui cerca di farsi carico personalmente per tutelarlo. Questo è il caso di specie.
Attraverso adeguate tecniche e opportune strategie proprie della mediazione, fu possibile ripristinare una comunicazione costruttiva e qualificante che tra i due partners inficiata da problematiche e rancori che avevano finito per coinvolgere anche la bambina come strumento di contrapposizione.
Fu proprio il ruolo del mediatore, "travestito" da figlio, a convincere (con-vincere: ossia vincere insieme) le parti della necessità di un reciproco riavvicinamento, senza per questo perdere le convinzioni individuali.
Una delle peculiarità della mediazione sta proprio nella possibilità che si da alle parti di recuperare, ognuno nei propri limiti, le reciproche responsabilità genitoriali. In questo caso, attraverso uno strategico utilizzo del calendario dell'affido, si è potuto costruire una sana alternanza tra i bisogni di tutte le parti coinvolte, senza venir meno alle necessità della bambina di frequentare sia la madre che il padre.
Seppure non sia la condizione ottimale per un bambino, in questo caso, il male minore, fu quello di condividere che la bambina sarebbe rimasta con il padre durante l'anno scolastico, mentre si sarebbe ricongiunta con la madre durante le festività.